Al primo sguardo, i villi potrebbero sembrare semplici protuberanze della parete della mucosa intestinale, in particolare di quella che riveste la porzione iniziale dell’intestino (intestino tenue). In realtà, si stratta di strutture complesse, che svolgono una serie di funzioni delicate e diversificate, fondamentali non soltanto per l’assorbimento dei nutrienti contenuti negli alimenti, ma anche per garantire il benessere dell’intestino e la salute dell’intero organismo.

Un alterato funzionamento dei villi o un loro “appiattimento” (atrofia) può causare malassorbimento, disturbi del transito intestinale, fastidi gastroenterici, calo di peso e sviluppo di alcune malattie da carenza (per esempio, dovute a deficit di vitamine, proteine, sali minerali essenziali come ferro e calcio, ecc.). Vediamo che cosa sono, qual è il ruolo dei villi intestinali nella nutrizione e che cosa si può fare per supportarne l’integrità e una funzionalità ottimale.

Che cosa sono i villi intestinali

I villi intestinali devono il loro nome al medico italiano Gabriele Falloppio (più noto per le omonime “tube” che connettono l’ovaio all’utero nell’apparato genitale femminile), che usò per la prima volta il termine latino “villus” nel suo trattato di anatomia “Observationes Anatomicae”, pubblicato nel 1561.

Benché all’epoca non fosse possibile visualizzare nel dettaglio la struttura dei villi, Falloppio li chiamò così in quanto conferivano alla mucosa intestinale un aspetto simile al velluto. Soltanto nell’800, la possibilità di ingrandire i tessuti del corpo umano grazie all’invenzione dei primi microscopi ha permesso di capire che i villi sono una serie di estroflessioni a forma di dito della parete della mucosa intestinale, che le conferiscono un aspetto simile a quello di una spazzola o di un “prato”, dove ogni villo è uno stelo d’erba.

Successivi studi di anatomia microscopica e fisiologia hanno precisato che ogni villo è composto da un singolo strato di cellule chiamate “enterociti” (epitelio), attaccate l’una all’altra e rivestite da un sottile strato di muco, che ne media l’interazione con la popolazione batterica e con i composti presenti nella cavità dell’intestino (lume). Sul lato che sporge nel canale intestinale, ogni enterocita presenta ulteriori estroflessioni microscopiche, anch’esse a forma di dito (microvilli), che formano il cosiddetto “orletto a spazzola”.

L’epitelio che riveste i villi è in constante rinnovamento, attraverso un processo di ricambio cellulare programmato su base genetica. Sempre nuovi enterociti vengono prodotti dalla moltiplicazione incessante di cellule staminali presenti in “nicchie” (chiamate “cripte di Lieberkühn-Galeazzi” o “ghiandole intestinali”) poste alla base di ogni “dito” e risalgono via via verso la punta del villo, da dove vengono rilasciati per “sfaldamento” nel tubo digerente ed eliminati con le feci. Il percorso dalla base alla sommità del villo dura circa 3-5 giorni e man mano che salgono verso l’alto gli enterociti “maturano” e svolgono funzioni diverse.

Questo processo permette di avere enterociti sempre perfettamente efficienti, in grado di garantire la digestione degli alimenti e un assorbimento ottimale durante tutta la vita, a meno che subentrino patologie specifiche. Gli enterociti, infatti, producono anche enzimi che completano la scissione dei nutrienti nei loro componenti fondamentali (ossia: aminoacidi dalle proteine; glucosio e altri zuccheri semplici dai carboidrati; acidi grassi, glicerolo e colesterolo dai lipidi), che vengono poi trasferiti al sangue.

Al centro di ogni villo sono presenti vasi sanguigni (capillari) e un vaso linfatico, pronti a ricevere le sostanze assorbite attraverso gli enterociti oppure diffuse passivamente nei minimi spazi presenti tra un enterocita e l’altro (giunzioni intercellulari). Gli zuccheri semplici, gli aminoacidi e le vitamine idrosolubili (vitamine del gruppo B, vitamina C, biotina e niacina) vengono trasferiti direttamente al circolo sanguigno attraverso i capillari, mentre gli acidi grassi e il colesterolo (inglobati in palline di grasso chiamate chilomicroni che si formano nel lume intestinale) vengono trasferiti prima nel vaso linfatico e quindi al circolo sanguigno generale. Per questa seconda via vengono assorbite anche le vitamine liposolubili (vitamina A, E, D e K).

Intestino: a che cosa servono i villi

La funzione principale di villi e microvilli è amplificare enormemente la superficie intestinale disponibile per l’assorbimento dell’acqua e delle sostanze nutritive, concentrandola in poco spazio e rendendo il processo particolarmente efficiente. È stato calcolato che, grazie a villi e microvilli, l’area assorbente è circa 30-40 volte superiore rispetto a quella che si avrebbe se, a parità di lunghezza dell’intestino tenue, la superficie della mucosa fosse liscia e piatta.

Come anticipato, una seconda funzione dei villi è quella di produrre enzimi che contribuiscono alla digestione delle sostanze nutritive. Proprio per questa ragione, i villi non sono presenti lungo tutta la lunghezza dell’intestino, ma soltanto nei tre tratti dell’intestino tenue:

  • il duodeno, dove arriva il cibo predigerito nello stomaco, che viene miscelato con gli acidi biliari prodotti dal fegato e con gli enzimi digestivi prodotti dal pancreas
  • il digiuno, che costituisce la porzione centrale in cui avviene un intenso assorbimento dell’acqua e dei nutrienti
  • l’ileo, che costituisce parte finale dell’intestino tenue e lo connette al più voluminoso intestino crasso, privo di villi.

In proposito, va sottolineato che fegato e pancreas sono organi posti al di fuori del tubo digerente, ma sono comunque parte integrante dell’apparato gastroenterico e indispensabili affinché il processo digestivo e l’assorbimento intestinale avvengano in modo corretto. Per esempio, in assenza di acidi biliari non sarebbe possibile assorbire i grassi e ciò causerebbe un’alterazione del transito intestinale con produzione di feci molli, oleose e maleodoranti. Una carenza di insulina, invece, impedirebbe di assorbire e utilizzare il glucosio portando all’insorgenza del diabete, mentre un’insufficiente produzione di enzimi pancreatici come la tripsina e le lipasi comporterebbe difficoltà nella scissione e nell’assorbimento, rispettivamente, di proteine e grassi.

I villi intestinali svolgono anche funzioni di tipo “difensivo”, producendo sostanze che tengono sotto controllo la composizione e l’abbondanza della popolazione batterica (microbiota) presente nell’intestino tenue, allo scopo di prevenire sovracrescita batterica (SIBO, Small Intestinal Bacterial Overgrowth) e infezioni intestinali. La principale di queste sostanze protettive è il lisozima, in grado di danneggiare la parete che riveste i batteri, causandone la distruzione. Il lisozima e altre sostanze antimicrobiche sono prodotte da particolari cellule chiamate “cellule del Paneth” (dal nome del fisiologo austriaco che le identificò per primo a metà dell’800), presenti nelle cripte alla base di ogni villo.

Sempre nelle ghiandole intestinali associate ai villi sono localizzate anche cellule che producono ormoni e neuro-ormoni che contribuiscono a regolare la digestione e l’assorbimento delle sostanze nutritive.

I villi, inoltre, producono il muco che riveste la parete della mucosa intestinale (proteggendo soprattutto il tessuto duodenale dall’acidità del cibo che arriva dallo stomaco e dagli enzimi digestivi) e interagiscono positivamente con il microbiota residente (che, a sua volta, produce sostanze difensive ed enzimi digestivi di origine microbica, nonché diverse vitamine utili per l’organismo umano).

Malattie che danneggiano i villi intestinali

Alcune malattie a carico dell’intestino o dell’intero organismo possono danneggiare la struttura e/o la funzionalità dei villi intestinali, determinando disturbi gastroenterici di vario tipo, generalmente riferibili a sindromi da malassorbimento, in presenza dei quali è sempre opportuno rivolgersi al proprio medico.

Celiachia

La patologia in grado di danneggiare i villi in modo più drastico è la celiachia, malattia su base autoimmunitaria causata dalla presenza di intolleranza al glutine, una proteina contenuta in cibi a base di cereali, come frumento, segale, orzo, avena, kamut, spelta ecc. Quando una persona affetta da celiachia assume un alimento contenente glutine, il sistema immunitario produce anticorpi in grado di aggredire i villi intestinali, determinandone l’atrofia.

I sintomi tipici della celiachia riguardano principalmente l’intestino e comprendono diarrea, dolori addominali, gonfiore, flatulenza, nausea e vomito, e perdita di peso. In aggiunta, possono essere presenti: anemia da carenza di ferro e perdita di massa ossea (osteoporosi, favorita dal ridotto assorbimento di vitamina D e calcio), debolezza muscolare, rash cutanei (dermatite erpetiforme), dolori articolari, mal di testa, formicolii a mani e piedi, disturbi dell’equilibrio, afte in bocca. Nei bambini, il malassorbimento intestinale indotto dalla celiachia può ostacolare il corretto accrescimento.

In presenza di questa sintomatologia, specie se sembra essere scatenata dall’assunzione di cereali “a rischio”, è bene sottoporsi a una visita dal medico di medicina generale, che prescriverà alcuni esami di approfondimento.

Per evitare che il sistema immunitario aggredisca i villi intestinali, i pazienti con diagnosi di celiachia devono seguire una rigorosa dieta senza glutine, facendo attenzione a evitare i cibi che contengono i cereali “a rischio”, anche in minima quantità. Come fonte alternativa di zuccheri complessi (carboidrati), chi soffre di celiachia può assumere alimenti a base di riso, mais, grano saraceno, avena, quinoa, miglio, amaranto e sorgo.

Intolleranze alimentari non legate a reazioni immunitarie possono determinare l’insorgenza di sintomi da malassorbimento molto simili a quelli della celiachia, ma senza determinare una significativa infiammazione della mucosa intestinale né alterare la struttura dei villi.

La più diffusa è sicuramente l’intolleranza al lattosio, disturbo dovuto alla carenza di lattasi (l’enzima necessario per digerire lo zucchero del latte), a causa di una sua insufficiente produzione da parte degli enterociti che rivestono i villi intestinali. L’intolleranza al lattosio interessa soprattutto gli adulti, perché durante la crescita l’espressione del gene che codifica per la lattasi diminuisce sensibilmente, mentre non riguarda quasi mai i neonati.

Anche nel caso dell’intolleranza al lattosio, la “terapia” più efficace è non assumere questo zucchero con il cibo. In alternativa, o aggiunta, il medico può consigliare integratori a base di lattasi, che sopperiscono in parte alla carenza di enzima intestinale.

Malattia di Crohn

La malattia di Crohn, patologia infiammatoria cronica intestinale (Inflammatory Bowel Disease, IBD) dall’origine multifattoriale che colpisce soggetti geneticamente predisposti in presenza di fattori ambientali sfavorevoli (dieta occidentale, fumo, farmaci, stress ecc.), può alterare la funzione di assorbimento dei villi a causa della forte infiammazione e delle eventuali lesioni che possono insorgere nella mucosa dell’intestino tenue.

Oltre ai sintomi da malassorbimento già visti, chi soffre di malattia di Crohn può presentare per esempio febbre, ulcere in diversi tratti dell’intestino, rash cutaneo, sangue nelle feci, nonché varie manifestazioni extra-intestinali (infiammazioni a articolazioni e occhi, malattie renali, osteoporosi ecc.). Diagnosi e terapia delle IBD sono di specifica competenza del medico gastroenterologo con esperienza in questo ambito.

La sindrome dell’intestino irritabile (anche detta sindrome del colon irritabile) non si associa invece né a una significativa infiammazione della mucosa intestinale, né ad alterazioni dei villi. Tuttavia, può determinare una sintomatologia importante, con dolori addominali, gonfiore, flatulenza e alterazioni del transito intestinale molto variabili (diarrea e/o stipsi, in presenza delle quali è bene aumentare l’apporto di liquidi, sia in un’ottica di prevenzione della stipsi, sia per evitare la disidratazione nei pazienti che sperimentano spesso diarrea).

In generale, chi soffre di sindrome dell’intestino irritabile (IBS) presenta un’eccessiva sensibilità intestinale agli stimoli ambientali (alimentazione, fumo, farmaci, modificazioni delle abitudini di vita ecc.) e un profilo psicologico predisposto allo stress e/o poco in grado di gestire la tensione e gli imprevisti quotidiani.

Fonti