Si parla di stipsi (o stitichezza) quando i movimenti intestinali diventano meno frequenti e le feci sono difficili da espellere. Le cause possono essere molteplici e sono spesso legate a cambiamenti nella dieta o nello stile di vita. Approfondiamo l’origine, i fattori di rischio e i trattamenti di questa fastidiosa condizione, che interessa moltissime persone in tutto il mondo.

Cos’è la stipsi?

Il termine “stipsi” deriva dal greco “styphein” che significa “stretto” e, in generale, fa riferimento alla difficoltà di evacuare, che può avere un impatto notevole sulla qualità della vita dei soggetti che ne soffrono. La stitichezza è una condizione molto frequente, che interessa circa il 15% della popolazione, è più comune nel sesso femminile e in coloro che sono sottoposti a stress psicologico e aumenta con l’avanzare dell’età.

Il semplice fatto di non evacuare ogni giorno non significa soffrire di stitichezza, o stipsi. Generalmente, infatti, si parla di stipsi se non si espletano le funzioni intestinali almeno tre volte a settimana, ma questa non è assolutamente una regola generale. La frequenza e la quantità delle evacuazioni intestinali fra le persone sane, infatti, varia in modo notevole: da tre evacuazioni al giorno a tre alla settimana e, di norma, le feci vengono espulse senza sforzo, senza fastidio e senza eccessiva tensione addominale.

Nelle persone che soffrono di stipsi, invece, il rallentato transito del cibo digerito lungo il colon determina un maggior riassorbimento di acqua, con indurimento delle feci e un minor numero di evacuazioni. Se trascorrono più di tre giorni senza defecare, il contenuto intestinale può indurirsi al punto non solo da causare difficoltà nell’evacuazione, ma anche dolore durante l’espulsione del materiale fecale e una sensazione di non riuscire a svuotare completamente l’intestino.

Vanno distinte, infine, due principali tipologie di stipsi:

  • la stipsi acuta, che compare all’improvviso e in maniera riconoscibile;
  • la stipsi cronica, che può manifestarsi gradualmente e persistere per mesi o anni.

I principali sintomi e le possibili complicanze

I sintomi più spesso riferiti da chi soffre di stipsi sono:

  • ridotta frequenza di evacuazione (meno di tre volte alla settimana);
  • sensazione di evacuazione incompleta;
  • eliminazione di feci dure o a palline (“caprine”);
  • sensazione di ostruzione o blocco anale;
  • feci secche, dure e/o grumose;
  • pesantezza e gonfiore addominale;
  • flatulenza e meteorismo;
  • dolore addominale, tipo crampi, e distensione addominale;
  • eccessivo e prolungato sforzo nella defecazione;
  • ricorso a manovre manuali o ausili tipo clisteri, supposte o lassativi, anche naturali, per evacuare;
  • necessità di aiutarsi manualmente per estrarre le feci;
  • mancanza di stimolo a evacuare.

Se due, o più, di questi sintomi persistono per almeno 12 settimane (anche non consecutive) nel corso di un anno si parla di stitichezza cronica, mentre se questi sintomi si presentano in concomitanza con alcuni eventi (come una gravidanza o un viaggio) si parla di stipsi transitoria.

Possibili complicanze

Le feci dure e i continui sforzi possono inoltre provocare alcune complicanze nei soggetti che soffrono di stitichezza. Tra queste, le principali sono:

  • emorroidi, causate dal rigonfiamento delle vene nel retto;
  • ragadi anali, ovvero piccole ferite nella regione anale dovute dalle feci dure che tentano di passare;
  • diverticolite, ovvero un’infiammazione dei diverticoli che si formano nelle pareti del colon a causa delle feci rimaste intrappolate;
  • danni ai muscoli del pavimento pelvico, dovuti all’eccessivo sforzo;
  • fecaloma, ovvero un accumulo di feci dure nel retto che può provocare un’occlusione intestinale.

In genere la stitichezza è comunque una condizione non grave, anche se può essere molto fastidiosa, a maggior ragione se cronica. È necessario porre particolare attenzione se la stipsi compare all’improvviso in persone adulte con una familiarità per i tumori intestinali, soprattutto se associata a sangue nelle feci e dimagrimento ingiustificato. In questo caso è bene consultare il proprio medico e sottoporsi a una visita specialistica per informarsi in merito alle proprie condizioni di salute.

Le cause della stitichezza

Generalmente, la stitichezza si verifica quando le feci si muovono troppo lentamente attraverso l’intestino crasso; questa lentezza fa sì che il corpo assorba troppa acqua dalle feci, che a loro volta diventano dure, secche e difficili da espellere.

Di solito la stipsi occasionale (o transitoria) si presenta in particolari circostanze. Un improvviso cambiamento della regolarità intestinale può, per esempio, derivare dall’avvio di una terapia con farmaci o integratori che possono favorire la stitichezza (antipertensivi, integratori a base di ferro, ecc.) oppure da un cambio di abitudini alimentari, come può accadere in vacanza durante un viaggio. La stitichezza transitoria si può, inoltre, presentare anche a causa dell’eccessiva sedentarietà, della scarsa idratazione, dopo un intervento chirurgico (che costringa per un certo tempo all’immobilità), durante la gravidanza o a seguito dell’assunzione di antibiotici.

La stipsi cronica, invece, può essere causata da disfunzioni intestinali/anorettali oppure da alcune patologie, quali la diverticolosi e le malattie infiammatorie croniche intestinali.

Di seguito, sono indicate alcune delle più frequenti cause di stipsi.

Fattori legati alle abitudini e allo stile di vita

Una delle principali cause della stitichezza cronica è seguire una dieta povera di fibre (presenti principalmente nella frutta, nella verdura e nei cereali integrali), ricca di grassi animali (per esempio di carne, latticini e uova) e zuccheri (contenuti principalmente nei dolci). Tale condizione è, inoltre, associata a uno scarso apporto di liquidi: non bere abbastanza acqua, infatti, può condurre alla stipsi.

Molte persone che soffrono di stipsi hanno la tendenza a ignorare o reprimere lo stimolo a defecare quando si presenta per la paura di provare dolore durante l’evacuazione. Questo comportamento, più tipico nelle donne, può portare nel tempo a un ulteriore rallentamento del transito intestinale.

Un altro elemento da tenere in considerazione sono i cambiamenti nella routine: viaggiare, mangiare o andare a letto a orari diversi rispetto al solito sono, infatti, fattori che possono portare a tale condizione.

Anche la sedentarietà, quindi l’insufficiente pratica di attività fisica, i ritmi di vita stressanti, la tensione nervosa e l’ansia possono avere ricadute negative sulla regolarità intestinale.

Se le cause d’insorgenza della stipsi sono quelle sopra elencate, generalmente, questa non rappresenta un problema grave e può, quindi, essere facilmente corretta modificando le cattive abitudini alimentari e lo stile di vita eccessivamente sedentario.

Farmaci

L’assunzione di alcuni farmaci, anche per altre patologie, può indurre la stitichezza come effetto collaterale. Tra questi, per esempio, vi sono i farmaci a base di solfato ferroso per contrastare l’anemia, alcuni FANS (Farmaci Antinfiammatori non steroidei), gli antidepressivi, gli antiacidi e gli antistaminici.

Anche l’abuso di lassativi stimolanti può portare a sviluppare una “dipendenza” che spinge ad aumentare sempre di più la dose, finché l’intestino diventa completamente insensibile alla loro azione, rendendone vana l’assunzione.

Malattie e ulteriori condizioni mediche

Talvolta la stipsi cronica è secondaria ad altre patologie e condizioni che interessano l’organismo e condizionano la regolare attività di muscoli, nervi e altre componenti coinvolte nel passaggio delle feci.

Tra queste, le più comuni sono:

  • disfunzioni dei muscoli del pavimento pelvico: problemi di debolezza o coordinazione di questi muscoli, fondamentali per espellere le feci, possono causare stitichezza cronica;
  • blocchi nel colon o nel retto: danni o modifiche ai tessuti del colon o del retto possono ostruire il passaggio delle feci;
  • sindrome del colon irritabile: tale condizione è spesso associata a stitichezza che, però, in genere si alterna alla diarrea ed è accompagnata da dolore sia prima sia dopo l’evacuazione;
  • diverticolite;
  • condizioni endocrine, come il diabete e l’ipertiroidismo;
  • malattie neurologiche, come la sclerosi multipla, il morbo di Parkinson, l’ictus e le lesioni del midollo spinale;
  • blocco intestinale;
  • sindrome dell’intestino pigro;
  • difetti strutturali del tratto digestivo.

Infine, tra le condizioni che possono provocare il manifestarsi di stitichezza vi è anche la gravidanza.

Fattori di rischio

La stitichezza può colpire chiunque, ma vi sono alcuni fattori che possono aumentare le probabilità di insorgenza di tale condizione. I principali sono:

  • età: una persona più anziana (in particolare gli over 65) è spesso meno attiva, ha un metabolismo più lento e una minore forza di contrazione muscolare lungo il tratto digestivo;
  • variazione dei livelli ormonali nella donna: la stipsi è più comune nelle donne, in particolare durante la gravidanza e dopo il parto, sono comuni gli episodi di stitichezza;
  • non assumere abbastanza fibre: le fibre contribuiscono al regolare movimento intestinale; quindi, un’alimentazione povera di questi nutrienti può provocare difficoltà nell’evacuazione;
  • assumere alcuni farmaci, in particolare quelli che hanno la stitichezza tra gli effetti collaterali;
  • avere una patologia neurologica o digestiva;
  • non praticare sufficiente attività fisica.

Diagnosi

Nel corso della visita, il medico curante o il gastroenterologo procederà con l’anamnesi, chiedendo quindi al paziente informazioni circa la sua storia medica, lo stile di vita, l’alimentazione e le abitudini intestinali. Procederà, poi, con l’esame fisico, volto a controllare i parametri vitali (temperatura corporea e pressione sanguigna) e valutare l’eventuale presenza di dolorabilità o gonfiore nell’addome. Se lo riterrà necessario, inoltre, potrà procedere con un esame rettale, volto a controllare eventuali problemi all’interno del retto percepibili con un dito.

Partendo da questo quadro clinico, il medico potrà valutare la somministrazione di una terapia (se ritiene di aver accertato la causa scatenante) oppure richiedere ulteriori esami e test di laboratorio per indagare a fondo sullo stato di salute del paziente. Tra i principali test ed esami diagnostici a disposizione del medico vi sono:

  • colonscopia: un tubicino con una telecamera viene introdotto nel colon per verificare l’eventuale presenza di tessuti irregolari o particolari condizioni del colon (si distingue tra colonscopia e sigmoidoscopia, se l’esame è limitato alla porzione discendente del colon, includendo il retto);
  • test di imaging: una radiografia può evidenziare dove sono presenti le feci nel colon e se questo è bloccato, mentre una TAC o una risonanza magnetica possono essere utili per diagnosticare condizioni che potrebbero causare stitichezza;
  • test del movimento delle feci: si tratta di esami che tengono traccia del movimento delle feci attraverso il colon;
  • manometria anorettale: questo test valuta la coordinazione dei muscoli utilizzati per espellere le feci;
  • test di espulsione del palloncino: misura il tempo necessario per spingere fuori un piccolo palloncino pieno d’acqua, precedentemente inserito nel retto, fornendo informazioni sul funzionamento e sul controllo dei muscoli;
  • defecografia: è un test che simula il passaggio delle feci, grazie a una sostanza densa posizionata nel retto che può essere tracciata dalle tecnologie di imaging.

Infine, per indagare circa la presenza di ulteriori patologie che possono avere la stipsi come sintomo, il medico potrà prescrivere analisi del sangue, analisi per la ricerca del sangue occulto nelle feci, analisi per verificare il funzionamento della tiroide e per individuare il diabete o altre malattie autoimmuni.

Stitichezza nei bambini

La stipsi è una condizione molto frequente anche nei bambini, che si caratterizza per:

  • meno di tre evacuazioni a settimana;
  • dolore ed eccessivo sforzo durante la defecazione;
  • feci dure e caprine;
  • formazione di screpolature dolorose vicino all’ano.

Nei neonati, invece, si parla di stipsi quando l’evacuazione non avviene per tre o quattro giorni, quando questa provoca eccessivo sforzo, dolore e crisi di pianto e quando le feci sono particolarmente secche.

Nel bambino, solitamente, le cause d’insorgenza della stitichezza vengono classificate in cause organiche, se tale condizione è legata a ulteriori patologie o malformazioni, e cause funzionali, se la stipsi è il risultato di un malfunzionamento intestinale.

Per scongiurare il rischio di stitichezza o porre rimedio a tale condizione, se già presente, è possibile seguire una serie di utili accorgimenti per i più piccoli:

  • seguire un’alimentazione corretta e bilanciata, favorendo il consumo di alimenti ricchi di fibre come i cibi integrali, la frutta, la verdura e i legumi;
  • favorire l’idratazione, bevendo abbondante acqua nel corso della giornata;
  • regolarizzare l’orario dell’evacuazione, per esempio dopo i pasti, a casa;
  • avere uno stile di vita attivo, che comprende la pratica dell’attività fisica;
  • utilizzare i “rieducatori intestinali”, se prescritti dal pediatra: si tratta di prodotti a base di polietilenglicole che riescono ad attirare l’acqua nella massa fecale, rendendo le feci più morbide e voluminose.

Infine, per trattare la stipsi nei neonati è fondamentale arricchire la loro alimentazione di acqua, succhi di frutta diluiti e frutta (più o meno sminuzzata). Tra i frutti più indicati per trattare tale condizione ci sono le mele, le pere, le albicocche, l’uva, le pesche e le prugne.

Rimedi e consigli utili

Per cercare di trattare la stipsi, il primo accorgimento da seguire è quello di modificare le proprie abitudini alimentari scorrette. Si può cominciare, per esempio, incrementando l’apporto di frutta e verdura, che sono ricche, oltre che di vitamine e sali minerali, anche di fibre, così come i cereali integrali. È fondamentale, però, che l’aumento di fibre nella propria dieta avvenga progressivamente, per evitare la formazione di gas intestinale.

Altrettanto importante è seguire una corretta idratazione: bere una quantità sufficiente di liquidi (acqua e bevande non zuccherate, come le tisane) contribuisce ad ammorbidire le feci e, di conseguenza, favorisce la loro evacuazione. È bene fare attenzione, però, al caffè, al , all’alcol e alle bevande che contengono caffeina, in quanto queste potrebbero peggiorare la condizione.

Altri accorgimenti utili a prevenire l’insorgenza di tale condizione sono:

  • praticare una regolare attività fisica, come camminare velocemente o andare in bicicletta. L’ideale è dedicare all’esercizio almeno mezz’ora al giorno o 2-3 ore a settimana;
  • non reprimere o ignorare lo stimolo e il bisogno di andare in bagno e cercare di defecare in un momento prestabilito della giornata, per esempio dopo i pasti, sfruttando la maggiore motilità che in genere si associa all’introduzione del cibo, in particolar modo al mattino;
  • adottare una posizione che favorisca l’uscita delle feci, per esempio poggiando i piedi su uno sgabello basso, così da portare le ginocchia più in alto dei fianchi, oppure accovacciandosi;
  • evitare le carni lavorate, i cibi fritti e i carboidrati raffinati (pane bianco, pasta e patate) e preferire le carni magre (come il pollame) e i latticini a basso contenuto di grassi;
  • tenere un diario alimentare per cercare di comprendere quali cibi, in particolare, possono provocare la stitichezza;
  • evitare di leggere o usare il telefono quando si prova ad evacuare.

Nella maggior parte dei casi è sufficiente adottare questi accorgimenti e intraprendere uno stile di vita più sano per eliminare questo fastidio, ma in alcuni casi può essere utile anche assumere probiotici e prebiotici, che favoriscono l’equilibrio della flora intestinale, e quindi il benessere intestinale.

I primi sono microrganismi, in particolare batteri, che riescono ad arrivare vivi e vitali nell’intestino, per migliorarne le funzioni; i prebiotici sono, invece, sostanze non viventi contenute negli alimenti, come per esempio i frutto-oligosaccaridi (FOS) o i galatto-oligosaccaridi (GOS), che favoriscono la proliferazione nell’intestino di batteri “buoni”.

Se la stitichezza non migliora con questi accorgimenti si può prendere in considerazione il ricorso a lassativi, clisteri o supposte, prestando però attenzione a non abusarne, in quanto una dipendenza da queste sostanze può causare la perdita di tonicità del colon (atonia da lassativi).

Il clistere è un trattamento che può essere indicato dal medico quanto altri rimedi non hanno portato di effetti desiderati: si tratta di un fluido, spesso disponibile anche senza prescrizione, che viene delicatamente spinto nel retto per favorire il passaggio delle feci.

Le supposte, invece, sono piccoli oggetti a forma di tubo che vengono somministrati per via rettale. Queste si sciolgono con la temperatura corporea e rilasciano il medicinale contenuto al loro interno. Le supposte per trattare la stitichezza contengono, solitamente, un lassativo (osmotico, stimolante o lubrificante).

In generale, clisteri, supposte e lassativi dovrebbero sempre essere utilizzati per periodi di tempo limitati.

Infine, se la stipsi è secondaria ad altre malattie, bisogna invece in primo luogo intervenire su quelle con cure mirate. In caso di dubbi sulla propria condizione è sempre fondamentale chiedere un consulto al proprio medico curante, che valuterà il singolo caso e indirizzerà il paziente verso il trattamento più adatto per la cura della condizione.

I lassativi

In generale, i lassativi sono sostanze utili a favorire lo svuotamento intestinale in caso di stitichezza.

I lassativi più comuni si possono acquistare in farmacia, nei supermercati e in erboristeria, senza la prescrizione medica. L’uso scorretto o l’abuso, però, non sono privi di effetti indesiderati: per questo motivo è sempre buona regola chiedere consiglio al medico o al farmacista prima di intraprendere questo tipo di trattamento.

In commercio, esistono diversi tipi di lassativi che agiscono con meccanismi differenti e sono classificati proprio in base al funzionamento. Le quattro classi principali sono:

  • lassativi di massa: questi lassativi, come lo psyllium, la crusca, i semi di lino e la metilcellulosa, sono integratori di fibre vegetali in grado di aumentare il volume delle feci. Vanno assunti con molta acqua e agiscono trattenendo l’acqua nell’intestino, rendendo le feci più soffici e facili da espellere;
  • lubrificanti ed emollienti fecali: questi agiscono rendendo le feci untuose, morbide e lubrificate per consentirne un passaggio più agevole nell’intestino e attraverso l’ano. Il più noto lassativo di questa tipologia è la glicerina, nel formato supposta o clistere;
  • lassativi osmotici: sono costituiti da sostanze che richiamano acqua nell’intestino. Le feci aumentano così di volume e diventano morbide e questo ne accelera il transito, favorendo l’evacuazione. Tra i preparati appartenenti a questa categoria i più comuni sono quelli a base di lattulosio, polietilenglicole, sali di magnesio, mannite e sorbitolo. Possono essere usati regolarmente per la cura della stipsi occasionale o per la preparazione dell’intestino per la colonscopia (magnesio citrato, latte di magnesia, polietilenglicole);
  • lassativi stimolanti: agiscono stimolando le contrazioni ritmiche dei muscoli dell’intestino e diminuendo l’assorbimento di acqua ed elettroliti dal colon. A differenza di altre tipologie, questi hanno un effetto molto rapido che si palesa in circa 6-12 ore dall’assunzione. In questa categoria rientrano, per esempio, il bisacodile e il sodio picosolfato.

Salvo indicazioni specifiche del pediatra, i lassativi non devono mai essere somministrati ai bambini con meno di 6 mesi. Le donne in gravidanza e gli anziani devono sempre richiedere un consulto medico prima di intraprendere l’uso di lassativi, così che il medico possa suggerire il prodotto più adatto al singolo caso, evitando spiacevoli controindicazioni.

Quando consultare il medico

Generalmente la stitichezza transitoria non necessita di una valutazione medica e scompare spontaneamente in poco tempo, soprattutto se si attuano le opportune precauzioni e modifiche al proprio stile di vita. Ci sono casi, però, in cui è bene rivolgersi a un medico o a degli specialisti per ottenere una diagnosi accurata e individuare il trattamento più indicato per la propria condizione.

In particolare, è fondamentale chiedere un consulto medico se la stipsi è associata a uno o più delle seguenti condizioni:

  • i sintomi durano più di tre settimane;
  • i sintomi influiscono notevolmente sulle attività quotidiane;
  • si nota sanguinamento dal retto o si riscontra presenza di sangue sulla carta igienica;
  • si riscontra la presenza di sangue nelle feci;
  • si hanno feci nere o queste subiscono cambiamenti notevoli nella forma e nel colore;
  • si avvertono costantemente dolori addominali;
  • si nota una perdita di peso non legata ad altri fattori.

In sintesi

La stitichezza (o stipsi) è una condizione molto comune in cui si ha difficoltà ad evacuare e questo avviene meno di tre volte a settimana. Le sue caratteristiche principali sono l’eccessivo sforzo durante l’evacuazione, la presenza di feci caprine e la sensazione di non riuscire a svuotare completamente l’intestino. Questa condizione può essere transitoria, se si presenta in maniera occasionale e a seguito di alcuni eventi, o cronica, se si presenta periodicamente. Mentre in quest’ultimo caso, le cause sono da ricercare in patologie o condizioni sottostanti, nel caso della stitichezza transitoria queste possono essere legate a cambiamenti nella routine, viaggi, assunzione di particolari farmaci, stress, sedentarietà, scarsa idratazione o alimentazione povera di fibre. Modificare il proprio stile di vita, in questi casi, risulta fondamentale per trattare efficacemente tale condizione: consigli utili, in questo senso, sono l’assunzione di alimenti ricchi di fibre, una corretta idratazione e la pratica regolare dell’attività sportiva. Ulteriori rimedi, che devono preferibilmente essere suggeriti da un medico, sono i lassativi, che favoriscono il movimento intestinale aiutando l’organismo a espellere le feci. In via generale, è sempre preferibile consultare uno specialista in gastroenterologia per ottenere una corretta diagnosi e individuare il trattamento più appropriato alla propria condizione.

FAQ

Cosa mangiare quando si soffre di stitichezza?
Per favorire il ripristino delle normali funzioni intestinali, è consigliata l’assunzione di alimenti ricchi di fibre come frutta, verdura, cereali integrali, semi, crusca, avena e riso. È fondamentale, inoltre, bere molti liquidi e ridurre il consumo di caffè, alcol, tè, bevande gassate, latticini e carni grasse.

A cosa può portare la stitichezza?
Generalmente la stitichezza non causa problemi di salute a lungo termine, in quanto il trattamento tempestivo della condizione ne garantisce l’eliminazione. Nonostante questo, se la stipsi si protrae nel tempo, possono comparire alcune complicanze, quali emorroidi, ragadi anali, dolore, prurito, sanguinamento, gonfiore del retto, prolasso rettale, incontinenza e perdita di sensibilità nella zona anale.

Le prugne sono un buon rimedio contro la stitichezza?
Sì, le prugne secche sono considerate un utile strumento di prevenzione e trattamento della stipsi, in quanto sono ricche di fibre e contengono agenti naturali in grado di attirare liquidi nel colon e rendere le feci più morbide.

Fonti

  • Cleveland Clinic, Constipation - Accesso in data marzo 2024
  • Mayo Clinic, Constipation - Accesso in data marzo 2024
  • Medicine Journal, Chronic constipation
  • National Library of Medicine, Epidemiology of constipation in children and adults: a systematic review
  • National Library of Medicine, American Gastroenterological Association Technical Review on Constipation