È uno dei disturbi gastrointestinali più comunemente diagnosticati, una condizione non grave ma capace di incidere negativamente sulla qualità della vita. Ecco come riconoscerlo e i consigli utili per recuperare salute e benessere.

Pancia gonfia, tanto che a volte i vestiti non si allacciano, dolori e crampi, giorni in cui riuscire ad andare alla toilette sembra un miraggio, e altri nei quali sembra impossibile farne a meno. È questo un esempio di quello che si trovano ad affrontare quanti soffrono di quella che una volta veniva chiamata colite spastica o colon irritabile, ma che oggi si preferisce definire sindrome dell’intestino irritabile. Se consideriamo che a questi sintomi possono associarsi anche stati di ansia e stanchezza, è facile intuire come tale disturbo possa compromettere la qualità della vita, limitando la produttività sul lavoro, ma anche le attività sociali e relazionali di tutti i giorni.

La sindrome del colon irritabile rientra tra i cosiddetti disturbi gastrointestinali funzionali, o, come si preferisce chiamarli oggi, disturbi dell’interazione tra cervello e intestino. Il colon irritabile, tra di essi, è probabilmente la condizione patologica più nota: è piuttosto comune, può colpire indipendentemente dall’età, dal sesso e dallo stato socioeconomico, ed è cronica.

In passato tale sindrome era considerata una condizione idiopatica, cioè senza una causa apparente, e si basava su una diagnosi di esclusione: si arrivava cioè a decretare la presenza di intestino irritabile solo dopo aver escluso tutte le possibili malattie che avessero in quale modo sintomi sovrapponibili. Oggi, come vedremo, non è più così, ma le cause restano ancora non ben definite. Non esiste neppure, al momento, una cura risolutiva, ma instaurando con il medico un costruttivo rapporto di fiducia la sindrome si può gestire al meglio.

Colon irritabile: cause

La sindrome dell’intestino irritabile, come abbiamo anticipato, rientra tra i disturbi dell’interazione tra intestino e cervello.

Per capire cosa si intende occorre ricordare che la funzione intestinale è regolata dal sistema nervoso enterico, l’insieme di neuroni che innervano tutto l’apparato gastrointestinale. Si tratta di una sorta di “secondo cervello”, che rimane continuamente in comunicazione con quello vero e proprio, ma che è anche capace di lavorare in modo indipendente: per questo si parla appunto di asse o di interazione intestino-cervello.

I disturbi dell’interazione tra intestino e cervello sono uno spettro di disordini gastrointestinali in cui non sono evidenti cambiamenti strutturali o patologici, ma che risultano correlati a una combinazione variabile di fattori tra cui:

  • alterazioni della motilità intestinale
  • ipersensibilità viscerale, ovvero un’eccessiva sensibilità del sistema nervoso che amplifica la percezione del dolore proveniente dall’intestino e/o porta per esempio a percepire con dolore e fastidio anche la peristalsi, cioè le contrazioni della muscolatura della parete intestinale necessarie per far avanzare il cibo
  • disbiosi, ovvero alterazioni della flora batterica (anche detta microbiota intestinale, cioè l’insieme di microrganismi, in particolare batteri, che popolano la mucosa intestinale), che a sua volta può influenzare il sistema immunitario.

Si ipotizza, quindi, che il colon irritabile dipenda da diversi fattori che entrano in gioco per determinare la comparsa e il peggioramento della sintomatologia. È riconosciuta anche l’associazione tra fattori psicologici (come forte stress, ansia) e lo sviluppo dell’intestino irritabile.

Colon irritabile: sintomi e diagnosi

La sintomatologia riportata dai pazienti nei quali si sospetta la sindrome dell’intestino irritabile è importante perché è su di essa che si basa la diagnosi della patologia, in quanto non esistono test diagnostici specifici. Ecco, allora, che assume un ruolo fondamentale l’anamnesi, cioè il colloquio attraverso il quale il medico raccoglie dal paziente tutte le informazioni dettagliate su:

  • i sintomi (quali sono, quando sono comparsi, come si manifestano ecc.)
  • la storia clinica del paziente, compreso l’uso di farmaci che potrebbero essere all’origine della diarrea (antibiotici per esempio) o della stitichezza (come gli oppiacei)
  • le abitudini alimentari.

Altri sintomi comuni comprendono:

  • gonfiore addominale, dovuto in genere a meteorismo, cioè alla presenza in eccesso di gas intestinale
  • distensione addominale, cioè un aumento della circonferenza dell’addome (spesso conseguenza del gonfiore)
  • tensione eccessiva durante la defecazione
  • urgenza di andare alla toilette
  • sensazione di evacuazione incompleta
  • presenza di muco nelle feci.

La sintomatologia può variare nei due sessi: le donne riferiscono più spesso sintomi di stitichezza e in genere sembrano accusarli in modo più frequente e grave durante il ciclo mestruale (probabilmente per ragioni ormonali), mentre negli uomini si manifestano più di frequente sintomi associati alla diarrea. La stipsi è generalmente più frequente anche nei soggetti anziani. Molti pazienti, infine, riferiscono che i sintomi si manifestano o peggiorano dopo i pasti.

La sindrome del colon irritabile può, inoltre, essere associata ad altri disturbi gastrici, come dispepsia (cattiva digestione), nausea o malattia da reflusso gastroesofageo (la risalita nell’esofago di materiale acido proveniente dallo stomaco), o non gastrici, come mal di testa, dispareunia (dolore durante il rapporto sessuale), fibromialgia, cistite, depressione, ansia.

Inoltre, sulla base dei sintomi intestinali preponderanti riportati dal paziente, si possono distinguere quattro sottotipi di questa patologia:

  • sindrome dell’intestino irritabile con costipazione (cioè stipsi)
  • sindrome dell’intestino irritabile con diarrea
  • sindrome dell’intestino irritabile con sintomatologia mista
  • sindrome dell’intestino irritabile non classificato (quando, pur rispettando i criteri diagnostici, non è possibile classificarlo in uno dei tre precedenti).

In caso di sintomi sospetti ci si può rivolgere inizialmente al medico curante che potrà inviare, se necessario, allo specialista in gastroenterologia.

Colon irritabile: alimentazione consigliata

Contro la sindrome del colon irritabile non esiste una cura definitiva né un trattamento uguale per tutti: se si evita il fai da te e ci si affida con fiducia al medico, è possibile trovare le strategie più efficaci per il proprio caso, che consentono di migliorare i disturbi. Anzi, un buon rapporto medico-paziente è parte integrante dell’approccio terapeutico.

Il trattamento dipende in genere dai sintomi predominanti e dalla loro gravità. Innanzitutto può essere suggerito un cambiamento nello stile di vita, soprattutto nel comportamento a tavola e nelle abitudini dietetiche, anche in considerazione del fatto che molti pazienti sperimentano un peggioramento dei sintomi dopo i pasti.

A livello generale è consigliabile:

  • svolgere attività fisica, che aiuta a regolarizzare le funzioni intestinali e, inoltre, è uno strumento per alleviare stress e ansia
  • mangiare in modo regolare, senza saltare i pasti e avendo cura di masticare con calma e senza fretta (anche per evitare di ingerire aria che può contribuire ad aumentare il gas intestinale e quindi il gonfiore)
  • bere abbondante acqua, che aiuta ad ammorbidire le feci in caso di stipsi. In caso di diarrea è invece utile per mantenere una corretta idratazione; a questo scopo il medico può consigliare apposite soluzioni reidratanti per reintegrare i liquidi e i sali minerali persi con le feci.

L’alimentazione consigliata dipende poi dal singolo caso: può essere quindi utile prendere nota, in una sorta di diario, degli alimenti che si tollerano, così come di cibi e bevande che, al contrario, peggiorano i sintomi, in modo da poter stabilire con il medico delle misure dietetiche personalizzate ed efficaci nel ridurre i sintomi.

In caso di colon irritabile con stitichezza, può essere utile aumentare gradualmente i cibi ricchi di fibre (frutta, verdura, cereali) o che facilitano il passaggio delle feci, con conseguente aumento della frequenza delle evacuazioni. Il medico può eventualmente suggerire anche il ricorso a integratori di fibre (a base per esempio di psillio).

I probiotici, cioè batteri buoni che possono raggiungere l’intestino e colonizzarlo, riequilibrando la flora batterica, possono essere utili per alleviare sintomi dell’intestino irritabile come dolore addominale, gonfiore e diarrea.

Se le misure dietetiche e il cambiamento dello stile di vita non sono sufficienti a ottenere benefici, il medico può valutare il ricorso a una terapia, che in genere è diretta al trattamento dei sintomi. Per esempio, in caso di preponderanza di stipsi, se l’integrazione con le fibre non è sufficiente, può suggerire il ricorso a lassativi, come quelli osmotici, che richiamano liquidi nell’intestino (per esempio a base di polietilenglicole o lattulosio), mentre in caso di preponderanza di diarrea può prescrivere antidiarroici e antispatici. Anche quando si tratta di farmaci di libera vendita è opportuno confrontarsi col medico, così come prima di ricorrere a eventuali rimedi naturali.

Colon irritabile: cibi da evitare

Come anticipato, le misure dietetiche non sono sempre valide per tutti allo stesso modo e questo vale anche per i cibi da evitare o quantomeno da limitare.

In caso di sindrome dell’intestino irritabile viene sempre più spesso proposta una dieta a basso contenuto di FODMAP (acronimo che sta per oligosaccaridi, disaccaridi, monosaccaridi e polioli fermentabili). Si tratta sostanzialmente di carboidrati a catena corta (zuccheri come fruttosio, lattosio, fruttani, lattani ecc.) che sono scarsamente assorbiti a livello intestinale e che vengono associati spesso a un peggioramento dei sintomi del colon irritabile.

I FODMAP sono presenti in un’ampia gamma di alimenti molto comuni: frutta, verdura, legumi e cereali, miele, latte e latticini e dolcificanti. Di conseguenza è importante che la dieta venga accuratamente predisposta e monitorata da un nutrizionista per evitare squilibri e carenze.

In generale si consiglia anche di limitare alimenti che possono aumentare la quantità di gas nell’apparato digerente, come bevande gassate e alcolici, ed evitare di masticare chewing-gum. Anche caffè e altre bevande con caffeina andrebbero consumati con parsimonia. Secondo alcune ricerche, infine, persone con colon irritabile segnalano un miglioramento dei sintomi se smettono di mangiare glutine, anche se non soffrono di celiachia. Anche in questo caso il medico può aiutare a stabilire un corretto e bilanciato regime alimentare.

Fonti