A tutti sarà capitato almeno una volta nella vita di fare i conti con disturbi gastrointestinali a carico dello stomaco, come nausea, bruciore, reflusso, difficoltà a deglutire (disfagia) o a digerire (dispepsia), o dell’intestino, per esempio crampi e dolori addominali, meteorismo e flatulenza, stitichezza o, al contrario, episodi di diarrea. Migliorare in particolare la salute dell’intestino e prendersi cura di questo organo è importante per il benessere di tutto l’organismo. Per farlo al meglio, agendo anche sul fronte della prevenzione, è utile imparare a conoscerlo.

Intestino: cos’è

L’intestino fa parte dell’apparato digerente, cioè l’insieme di organi che collaborano per garantire i processi digestivi necessari all’organismo per ottenere dagli alimenti le sostanze fondamentali per tutti i processi metabolici.

Per essere precisi, l’intestino è l’ultima porzione del tratto gastrointestinale, quella compresa tra lo stomaco e l’ano. È un organo cavo, una sorta di lungo tubo ripiegato su se stesso, di diametro variabile, suddiviso, come vedremo, in parti che hanno caratteristiche e attività differenziate: in generale possiamo dire che la funzione intestinale principale è quella di digerire e assorbire i nutrienti introdotti con i pasti ed eliminare attraverso la defecazione il materiale di scarto residuo, ovvero le feci.

È importante ricordare che l’intestino ospita la flora batterica intestinale, oggi più correttamente definita microbiota: si tratta di un esercito composto da migliaia di batteri e altri microrganismi che svolgono diverse funzioni indispensabili per mantenere in uno stato di benessere l’intero organismo. Per esempio producono alcune vitamine (come la K e la B12), sintetizzano alcuni enzimi, controllano la proliferazione delle cellule e hanno un ruolo protettivo come prima linea di difesa contro alcuni agenti infettivi. Sempre più studi, inoltre, evidenziano uno stretto legame tra microbiota intestinale e sistema immunitario.

Da diversi anni si parla di intestino anche come di un “secondo cervello”, con riferimento al cosiddetto sistema nervoso enterico, la fitta rete di neuroni presente proprio a livello gastrointestinale, capace di funzionare in modo indipendente dal sistema nervoso centrale, ma anche di dialogare con esso, tanto che si parla anche di un’asse intestino-cervello: i centri cerebrali emotivi e cognitivi sono collegati alle funzioni intestinali e si influenzano a vicenda.

Intestino: come si suddivide

L’intestino si suddivide in due parti principali, piuttosto diverse tra loro:

  • l’intestino tenue, o piccolo intestino, è il tratto intestinale più lungo (in media va dai 3 ai 5 metri ma può raggiungere e superare anche i 6-7 metri, con un lume dal diametro di circa 2,5-3 cm). La sua parte iniziale è collegata allo stomaco da una piccola valvola, il piloro, mentre la parte finale termina con la valvola ileocecale, che lo connette all’intestino crasso. Nel tenue avviene la digestione, ossia la scomposizione fisica e chimica, dei nutrienti (in particolare proteine, carboidrati e grassi). Inoltre, la mucosa che lo riveste internamente è costituita da enterociti, cellule responsabili dell’assorbimento dei nutrienti scomposti con la digestione, ed è caratterizzata da migliaia di piccole estroflessioni, i villi intestinali, che, contribuendo ad aumentare la superficie intestinale, facilitano e rendono più efficace tale assorbimento.
  • l’intestino crasso, che circonda il tenue e va dalla valvola ileocecale all’ano; più corto del precedente (misura circa 1,5 m di lunghezza), ha però un diametro maggiore (circa 6-7,5 cm). Si occupa della lavorazione del materiale alimentare indigeribile che arriva dal tenue, da cui assorbe l’acqua e gli elettroliti rimasti, forma le feci e le spinge verso l’ano per l’evacuazione. L’intestino crasso svolge anche un ruolo nella produzione (da parte della flora batterica) e nell’assorbimento delle vitamine (in particolare la K e le vitamine del gruppo B).

A loro volta, sia il tenue che il crasso si suddividono in ulteriori parti.

L’intestino tenue, a partire dallo stomaco si divide in:

  • duodeno, la porzione più corta (misura circa 20-25 centimetri) che assume una forma a “C”. Prosegue la digestione cominciata nello stomaco, soprattutto a livello chimico, sfruttando sia le secrezioni della parete intestinale, sia gli enzimi prodotti dal pancreas e la bile proveniente dal fegato, che qui confluiscono;
  • digiuno, che è lungo circa 2,5 metri e rappresenta la porzione di intestino in cui si verifica principalmente l’assorbimento di zuccheri, amminoacidi e acidi grassi;
  • ileo, il tratto intestinale in cui vengono assimilati i nutrienti che non sono stati assorbiti dal duodeno o dal digiuno, in particolare la vitamina B12.

L’intestino crasso è composto invece da:

  • cieco, il tratto iniziale, una sorta di sacca posta nella regione inguinale destra, che parte dalla valvola ileocecale;
  • colon ascendente, che, come si intuisce dal nome, è la prosecuzione verso l’alto del cieco, sul lato destro dell’addome;
  • colon trasverso, la parte più lunga dell’intestino crasso, disposta trasversalmente nella parte superiore dell’addome;
  • colon discendente, che scorre dall’alto verso il basso, nella parte sinistra dell’addome;
  • colon sigmoideo, l’ultimo tratto del colon, lungo mediamente tra i 25 e i 40 cm, così chiamato perché ha una forma a “S”. Grazie alle contrazioni dei muscoli della parete dell’intestino, le feci ormai solide vengono spinte nel retto, in preparazione dell’evacuazione;
  • retto, la parte finale, lunga circa 12-15 centimetri, che funge principalmente da serbatoio dove sono trattenute temporaneamente le feci prima di essere espulse attraverso l’ano.

Intestino: principali disturbi

L’intestino può essere interessato da diversi disturbi: passiamo brevemente in rassegna alcuni tra i più comuni.

Probabilmente uno dei più frequenti disturbi intestinali è la stitichezza. Detta anche stipsi o costipazione, è caratterizzata da una difficoltà nella defecazione o da una frequenza di evacuazione delle feci inferiore a tre volte a settimana, associata a due o più sintomi tra:

  • difficoltà o dolore al passaggio delle feci
  • eliminazione di feci dure e secche
  • defecazione che richiede sforzo o anche necessità di aiuto manuale
  • sensazione di evacuazione incompleta
  • mancanza di stimolo a defecare.

Può essere occasionale o diventare cronica ed è imputabile a vari fattori, tra cui:

  • una vita sedentaria con mancanza di attività fisica
  • abitudini alimentari errate, con una dieta povera di fibre
  • l’assunzione di alcuni farmaci
  • la presenza di malattie o condizioni che ostacolano in vario modo il transito delle feci e/o la loro evacuazione oppure un rallentamento del transito intestinale dovuto all’azione del progesterone nelle donne in gravidanza.

Quando invece si ha emissione di feci acquose (o addirittura liquide) con una frequenza maggiore a quella fisiologica si parla di diarrea. Tale disturbo può essere acuto (se dura meno di due settimane) o cronico. Nel primo caso è spesso dovuto a infezioni gastrointestinali (gastroenteriti) e può essere associato a sintomi quali febbre, crampi addominali, nausea e vomito. Episodi di diarrea acuta possono comparire anche in caso di un’intolleranza al lattosio (se questo zucchero non viene digerito, richiama liquidi a livello intestinale), in presenza di stati d’ansia e stress o in seguito all’assunzione di farmaci (come gli antibiotici). Quando è cronica (cioè è presente per circa 4 settimane), la diarrea può essere spia di una malattia sottostante come la celiachia, malattie infiammatorie croniche intestinali (colite ulcerosa e morbo di Crohn) o problemi di malassorbimento. In questi casi può associarsi a dolore addominale, gonfiore, perdita di peso.

Altro disturbo intestinale piuttosto comune è il gonfiore addominale, una fastidiosa sensazione di pienezza e tensione, (a volte associata anche a una distensione che determina un visibile aumento della circonferenza addominale) dovuta al meteorismo, cioè a un’eccessiva presenza di gas nel tratto gastrointestinale che deriva principalmente dall’ingestione di aria durante la deglutizione e dalla fermentazione dei cibi da parte della flora batterica nell’intestino. Normalmente il gas viene assorbito dalle pareti intestinali, ma se è troppo resta intrappolato nel tratto intestinale, causando gonfiore, ma anche dolore e crampi più o meno intensi e finendo per essere espulso dalla bocca (eruttazione) o attraverso l’ano (flatulenza). Tra le cause di meteorismo possono rientrare anche abitudini alimentari scorrette, così come alcune patologie, per esempio intolleranza al lattosio, celiachia e malattie infiammatorie croniche intestinali.

Stipsi, diarrea e gonfiore possono essere causati anche dai cosiddetti disturbi intestinali funzionali, che comprendono, per esempio, la sindrome dell’intestino irritabile (chiamata spesso semplicemente colon irritabile). Si tratta di disordini molto diffusi, che possono insorgere a qualunque età, nei bambini come negli adulti, e anche sovrapporsi tra loro, caratterizzati da una serie di sintomi gastrointestinali cronici o ricorrenti, insorti da almeno sei mesi e presenti in media almeno un giorno a settimana negli ultimi tre mesi, in assenza di evidenti anomalie anatomiche o fisiologiche. I sintomi sono spesso legati a un’aumentata sensibilità viscerale al dolore.

Intestino: alcuni consigli in caso di disturbi

Quando si hanno disturbi intestinali, tanto più se ricorrenti, è sempre consigliabile sottoporsi a una visita medica per non rischiare di imputare i sintomi alla causa sbagliata. Questo vale a maggior ragione se i disturbi sono particolarmente importanti per intensità o durata. La visita del proprio medico curante – che eventualmente rimanderà a un gastroenterologo e/o richiederà ulteriori accertamenti – può permettere di ricevere una diagnosi accurata, accertando o escludendo eventuali malattie o condizioni alla base dei sintomi, e la conseguente prescrizione dei trattamenti più adatti.

In molti casi, soprattutto in presenza di disturbi occasionali o funzionali, il principale approccio può riguardare la modifica dello stile di vita e delle abitudini alimentari; ciò non significa però affidarsi al fai da te.

Per esempio in caso di sindrome dell’intestino irritabile e di gonfiore addominale, si consiglia in genere una dieta a ridotto contenuto di cibi contenenti FODMAP (oligosaccaridi, disaccaridi, monosaccaridi e polioli fermentabili), cioè carboidrati che vengono scarsamente assorbiti dall’intestino e quindi finiscono per essere fermentati dalla flora batterica, causando la formazione di gas e la comparsa di gonfiore e distensione addominale.

Poiché i FODMAP sono presenti in ampie categorie di alimenti (per esempio molta frutta e ortaggi, derivati del frumento, latte e latticini) una dieta di questo tipo richiede di essere approntata da un medico e seguita sotto il suo controllo per non rischiare di diventare troppo sbilanciata.

Contro meteorismo e gonfiore è utile anche cercare di evitare tutte quelle attività che facilitano l’aerofagia, ovvero l’ingestione di aria, come l’uso di gomme da masticare. È bene inoltre mangiare con calma, masticando a lungo e lentamente, e limitare il consumo di bevande gassate, che rilasciano anidride carbonica. Possono essere utili anche integratori alimentari a base di probiotici (detti anche fermenti lattici), cioè microrganismi vivi che raggiungono l’intestino e lo colonizzano, favorendo l’equilibrio del microbiota intestinale. I probiotici sono spesso consigliati anche in caso di alterazioni dell’equilibrio della flora intestinale indotte da terapie antibiotiche.

Per quando riguarda la diarrea, spesso si risolve senza cure particolari nell’arco di pochi giorni, durante i quali è però importante bere molti liquidi per scongiurare il rischio di disidratazione. Allo scopo possono essere utili anche soluzioni reidratanti orali contenenti sali minerali, disponibili in farmacia. Se si è affetti da una gastroenterite, per esempio, la diarrea è in realtà un meccanismo di difesa per eliminare dall’organismo gli agenti infettivi: ecco perché è meglio, per quanto possibile, non ostacolarla.

In caso di stipsi, invece, è generalmente consigliabile:

  • svolgere regolare attività fisica, che migliora la motilità intestinale
  • bere molta acqua per rendere le feci più morbide
  • aumentare gradualmente il consumo giornaliero di fibre, che contribuiscono ad accrescere la massa delle feci e a velocizzarne il transito, attraverso un’alimentazione più ricca di frutta fresca, verdura e cereali integrali
  • assecondare lo stimolo alla defecazione e non ignorarlo.

Se questo non è sufficiente, è possibile ricorrere all’uso di lassativi: ne esistono varie tipologie, come quelli osmotici (a base per esempio di lattulosio o polietilenglicole) che richiamano liquidi nell’intestino stimolando l’evacuazione, quelli stimolanti (per esempio bisacodile o cascara) che stimolano la peristalsi intestinale e inibiscono il riassorbimento di acqua nel colon oppure quelli formanti massa, a base di fibre (per esempio psyllium o crusca di frumento). È quindi opportuno chiedere al medico o al farmacista quale sia il più adatto al proprio caso e assumerlo secondo le indicazioni, perché l’uso scorretto o un abuso prolungato non sono privi di effetti collaterali e possono diventare controproducenti.